Storia del Comune
Dopo la fondazione di Kroton il territorio ne subisce l'influenza ed il controllo, risultando occupati ed ellenizzati i siti di Cozzo Leone e Sant'Elia, di Punta Alice, ed altri nuovi siti in località Taverna nella valle del Lipuda. Dopo la distruzione di Sybaris (510 a.C.), nel territorio cirotano, trovando in posizione strategica lungo l'asse costiero, si assiste ad un notevole sviluppo di insediamenti in particolare lungo l'area paralitoranea posta a dominio della foce del Krimisa potamos (Lipuda), con fitte evidenze archeologiche.
Con l'espansione dei Brettii nel territorio, nell'età ellenistica, il santuario di Punta Alice diviene il polo religioso di riferimento della popolazione italica stanziata tra Thurii e Crotone. i Bretti si stanziano in aree sparse lungo la pianura come attestato da diverse evidenze archeologiche.
Dopo la conquista romana della Calabra nell'età repubblicana, e con il progressivo smantellamento della rete insediamentale brettía, compiutosi nel corso del II sec. a.c.il Cirotano subì un forte colpo, sicché, assieme al popolamento sparso dell'interno, venne meno anche la fitta rete di fattorie raggruppate alle spalle del centro moderno dí Círò Marina. L'occupazione Romana sembra privilegiare in questa fase la statio di Paternum a Torretta di Crucoli ed il municipio di Petelia (Strongoli). Poco sembra cambiare durante l'epoca imperiale, salvo lo sviluppo di alcune ville rustiche sulle alture prospicienti la valle del Lipuda.
Durante le guerre puniche gli abitati Brettii di Krimisa furono predati e saccheggiata ad opera dei Romani e dei Cartaginesi, e poi smantellati durante l'età repubblicana. I nuovi insediamenti che si formavano lungo la costa del cirotano vennero distrutti diverse volte durante le guerre greco-gotiche. A causa di tali devastazioni e saccheggi, proseguiti lungo tutto l'alto medioevo, le aree costiere furono gradualmente abbandonate al loro destino e gli abitanti si rifugiarono sulle colline che rappresentavano un'ottima posizione strategica, contribuendo, così, a ripopolare il nucleo antichissimo dell'attuale cittadina di Cirò.
Dopo l'anno mille e la conquista dei normanni nell'Italia meridionale, le aree costiere vengono ad essere nuovamente occupate e coltivate, nonostante che la posizione lungo la viabilità costiera e le facilità di attracco rendessero il territorio facilmente aggredibile ed interessato da lotte di potere e tentativi conquista.
Nel 1115 Riccardo Senescalco, figlio del Gran Conte di Puglia e Calabria Drogone d’Altavilla fratello di Roberto il Guiscardo, entrambi da tempo defunti, sottoscriveva una concessione con la quale dava licenza e potestà all’abate Raimondo del cenobio di San Salvatore di Monte Tabor di poter ripopolare il Castro o borgo fortificato di Alichia (Castrum Licie), da molto tempo in abbandono. Concedeva anche un suo terreno situato “inter Liciam et Castellum, quod dicitur Psichro” ed un terreno posto in una valle vicino l’“ecclesiam S. Andreae Apostoli” nella quale egli ricorda di avere soccorso largamente i poveri di quel contado in un tempo di grande carestia, avendola seminata per loro beneficio e per amore di Dio. Documentata è l'utilizzo della difesa o foresta regia di Alichia, presso l’odierna Punta Alice, dove vicino ad essa sorse nel Duecento l’abitato di Alichia che, secondo la testimonianza della sua stessa università, fu edificato e formato al tempo dell’imperatore Federico II (1194-1250).
Con la conquista degli Angioini nel Regno di Sicilia è attestata la presenza del regio palazzo di Alitio. In quanto simbolo della oppressione regia e feudale, venne devastato e distrutto, tanto che nel 1275 il re Carlo I d’Angiò ordinava al giustiziere di Val di Crati e Terra Giordana di perseguitare gli abitanti delle terre vicine e di costringerli a riedificare a loro spese il regio palazzo. Alichia allora aveva 2331 abitanti. Due anni dopo la difesa di Alichia e quella di Crotone sono citate tra le nove foreste regie esistenti in Calabria.
Scoppiata la guerra del Vespro, nel 1283 Alichia fu devastata dagli Aragonesi che vi uccisero le persone più importanti, ferirono molti e altri dovettero fuggire. Alichia ed il suo palazzo furono concessi in feudo a diversi militi fedeli ai regnanti dell'epoca. Con il matrimonio tra Sibilla de Regio e Pietro Ruffo, primogenito del conte di Catanzaro Giovanni, nella prima metà del 1.300, Alichia e Ypsigrò passarono ai Ruffo. In un atto del 1334 è attestata per l'ultima volta l’esistenza dell’abitato di Alichia, come che poi spopolò e non rimase più traccia. La foresta, il palazzo, i diritti e le altre proprietà feudali rimasero legati alle vicende della casata dei Ruffo e andarono a far parte del feudo di Ypsigrò, con quest'ultima denominazione che nel corso del tempo divenne dapprima Zirò e infine Cirò.
Dopo le guerre napoleoniche e l'eversione dalla feudalità, ed il mutato clima nel Regno delle Due Sicilie, si verificarono le condizioni per la nascita di una nuova comunità nei territori della Marina, grazie anche alla quotizzazione di alcuni terreni demaniali, che vennero assegnati a contadini indigenti. Questa partecipazione dei ceti popolari alla trasformazione produttiva del territorio cirotano venne testimoniata altresì dalla nascita, nel 1859, di una Cassa popolare di prestanze agrarie a favore degli agricoltori in difficoltà.
Dall'Unità dItalia alla seconda guerra mondiale la Marina di Cirò andava man mano sviluppandosi a scapito del comune collinare: nel dopoguerra la Marina aveva già una popolazione più numerosa dell'abitato collinare di Cirò, ponendosi le condizioni per il distacco dal centro antico. La separazione consensuale si verificò con delibera del 31 dicembre 1951 da parte del Consiglio comunale di Cirò.
(fonte: it.wikipedia.org)
Oggi Cirò Marina è una nota località turistica del crotonese con importanti evidenze storiche ed archeologice, in primis l'Area Archeologica in località Punta Alice con i resti del Tempio di Apollo Aleo.
Con una popolazione residente di 15 mila abitanti, Cirò Marina è il secondo centro più popoloso della provincia di Crotone, insieme ai limitrofi paesi di Crucoli, con la frazione Torretta, Cirò, e Melissa con la frazione Torre Melissa costituisce un'area urbana e culturale detta appunto Cirotano.
con una superficie di 41,68 Km2, vanta la presenza di imponenti strutture architettoniche: un Palazzetto dello Sport con capienza di circa 2.500 posti a sedere; un Porto Turistico - Peschereccio di IV classe, una piscina coperta.
La cittadina è da sempre meta turistica di grande importanza grazie alle strutture che ne testimoniano il passato storico – culturale. Offre, tra l’altro, ampia ricchezza al visitatore ed è punto di riferimento per tutto il comprensorio collinare dell’Alto Crotonese e dei paesi della pre-Sila.
La Cirò Marina di oggi è, soprattutto, la terra del sole e del mare, limpido e pulito: basti pensare alle “bandiere blu” assegnate: 11 consecutive. L’arenile fatto di meravigliosa sabbia, lungo circa venti chilometri e ampio, in media, cento metri, costituisce il richiamo maggiore per il flusso turistico. Si va dalla presa di coscienza delle proprie risorse culturali, ambientali e strutturali alla rivitalizzazione del centro storico, alla ristrutturazione della città e dei servizi urbani, ad una politica del turismo sia da parte degli operatori privati che da parte degli enti pubblici.
La locale Amministrazione Comunale promuove di anno in anno iniziative culturali per l’intero periodo estivo (giugno-settembre) e mira a favorire ed incentivare le potenzialità di questa cittadina offrendo, in chiave moderna ed intelligente, gli aspetti di un quadro turistico in piena evoluzione, contrassegnato da una forte richiesta, che si esprime in una adeguata modificazione delle strategie di offerta.
Simboli
Lo stemma ideato dall'artista locale Emilio Frangone è diviso in due parti: il primo bianco con la testa di Bacco al naturale, posta di profilo; il secondo rosso con il tripode d'oro. Sotto lo scudo, su lista rossa con le estremità bifide svolazzanti, in caratteri maiuscoli romani in nero: Mari Felix Meroque. I colori utilizzati per il fondo richiamano il vestito degli antichi greci-italioti: il bianco ricorda la tunica, il granato il caratteristico mantello. L'iscrizione, Mari Felix Meroque, di monsignor Antonino Terminelli, celebra la ricchezza della zona il cui vanto è costituito dal mare e dal vino. Al vino rimanda anche la figura di Bacco, la cui capigliatura è formata da grappoli d'uva. Il tripode, invece, è un omaggio allo spirito sportivo che animò la cittadina fin dal suo primo sorgere.